Una raccolta sistematica ed organizzata di informazioni riguardanti operatori, prodotti, luoghi e storie che abbracciano le realtà del settore dell’agricoltura e trasformazione agroalimentare biologica in Italia a 360°. All’interno del sito web (http://www.biobank.it/), confluiscono – attraverso censimenti diretti – tutti i dati inerenti le varie forme distributive (comprese le più innovative come l’e-commerce)la cosmesi, la detergenza e la pulizia della casa, fino al comparto principale del settore bio: l’alimentazione.
Questa enorme mole di indicazioni prende poi corpo nell’ambito di una vero e proprio rapporto annuale, il “Rapporto BioBank”. Tra le tante tematiche analizzate, l’annuario del biologico affronta un importante argomento di sensibilità collettiva: la presenza di cibo bio nelle mense scolastiche.In Italia, se ne contano 1288. Tra queste, 300 utilizzano almeno il 70% di materie prime biologiche.
L’inserimento dei prodotti biologici nei menù delle scuole italiane, che siano pubblicheo private, èstato descritto, nel tempo, dauntrend in costante crescita, segnando un +12% nel quadriennio2011 – 2015.Le mense bio sono dislocate su tutto il territorio nazionale, ma con densità differenti: il 71% è al Nord,il 18% al Centro e l’11% al Sud. La Lombardia è la regione leader con 225 mense. Seguono il Veneto (195) e l’Emilia Romagna (174).
Intanto, è notizia di questi giornidi un emendamento del Governo perla promozione dell’utilizzo di cibi biologici nell’ambito dei servizi di ristorazione scolastica. L’emendamento prevede che“le scuole che vorranno attivare il servizio di mensa biologica dovranno inserire le percentuali minime di utilizzo di prodotti biologici, dei requisiti e delle specifiche tecniche fissate dal Ministero delle politiche agricole insieme al Ministero dell’Istruzione”.
E stavolta ci sono anche i soldi, visto che “viene creato un fondo apposito da 44 milioni di euro, gestito dal Ministero delle Politiche agricole per ridurre i costi a carico degli studenti e realizzare iniziative di informazione e promozione”. Appare dunque evidente di quanto la formalizzazione di un’opzione biologica pubblica sia una scelta educativa e anche un investimento sulla salute delle nuove generazioni.
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