La “verità” in un buon calice di vino? Si, ma solo se bio. Perché il bio fa bene al cuore, all’anima e…all’ambiente.
Bio infatti è sinonimo di sostenibilità, ed è “sostenibilità” la parola d’ordine per il futuro (ma anche il presente) del business enogastronomico.
Secondo i risultati di una ricerca effettuata dall’Università di Siena, si prevede che nel 2020 il pil del vino sostenibile toccherà le vette dei 4 miliardi di euro, con una crescita percentuale di circa il 30%. Un potenziale trionfo a due facce: da un lato l’attenzione sempre crescente del consumatore verso tematiche di natura ambientale e sociale e dall’altro una superiore e migliorata reputazione dell’azienda che si qualifica come “bio” e che sviluppa nuove modalità di produzione facendo innovazione.
Senza ovviamente dimenticare la valenza primaria del fattore gusto che nasce da pratiche biologiche di lavorazione in vigna con la messa al bando di concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi e pesticidi in generale. La lavorazione “sostenibile” punta dunque la giusta attenzione alla fertilità del suolo, alla tutela della biodiversità e all’equilibrio dell’ecosistema al fine di esaltare il sapore originario dell’uva e restituire all’olfatto e al palato (e all’immaginario che il vino suscita nel suo complesso) una “riproposizione” fedele del territorio e dell’ambiente in cui è avvenuta la coltivazione.
Suggestioni, fra colori e profumi, che solo il vino… bio può offrire.
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